Perchè comunicare?

Di recente ho avuto surreali scambi di opinione con imprenditori della mia zona i quali sono fermamente convinti che possono bastare le brochure (come unico o quasi investimento in comunicazione) ed uno stuolo di commerciali per fare business.
Su altri fronti poi assisto ad autentici sprechi di risorse.
Come già raccontato qui, ci sono aziende che lanciano nuovi prodotti/servizi o azioni promozionali con mega campagne radio/tv (sapete cosa costa trasmettere uno spot di pochi secondi su una rete nazionale, vero?), poi basta dare un’occhiata ai loro siti istituzionali per scoprire la “polvere nascosta sotto il tappeto“, cioè aree stampa ferme a mesi prima, neanche una nota in merito alla promozione in corso, niente accenni sui nuovi prodotti presentati negli spot etc.
Perchè chi investe tanto nell’offline non si preoccupa poi del danno d’immagine derivante dal disallineamento dei canali del communication mix?
Si racconta che Henry Ford affermò:
“lo so che una metà dei miei investimenti pubblicitari è inutile, ma nessuno mi dice qual è delle due”.

Chi ha ragione?

Pubblicato da marketingpark

Marketing Park è un "polmone verde" ove respirare aria buona e riflettere in relax di Comunicazione, Marketing, Innovazione, Media & New Media. Per anni, infatti, mi sono occupata di questi aspetti, operando in diversi settori: dall'editoria all'industria discografica, dall'ICT al Web nonchè GDO, entertainment e sicurezza. Contact: titti.zingone[at]gmail.com

10 pensieri riguardo “Perchè comunicare?

  1. ti racconto la mia esperienza in merito. lavoro da molto tempo in una agenzia di marketing e comunicazione che, quando è nata, faceva solo internet. i nostri clienti sono enormi: pensa alle 5 aziende più grandi d’Italia, beh, sono nostre. all’inizio, però, quello che accadeva era che l’azienda delegasse, per occuparsi di internet, uno stagista o un “segato”, quindi o nessuna esperienza o nessuna motivazione, cose entrambe che non vanno d’accordo con il canale digitale. poi, man mano che si andava avanti con il progetto, con tutti i rallentamenti dovuta all’inadeguatezza del referente, si arrivava sempre a parlare con qualche decisore vero, e di colpo le cose cambiavano. Internet diventava improvvisamente “strategica” per la comunicazione e anche per il business, e il balletto ricominciava daccapo. ora per fortuna un po’ di cose sono cambiate, ma temo che questo valga ancora solo per le grandi aziende. che fare? educazione. come consulenti dobbiamo essere in grado di educare i clienti. è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo :-)ciao ciao

  2. Il problema della comunicazione in azienda è solo la punta dell’iceberg di una malorganizzazione e di una ignoranza imprenditoriale legata al mancato rinnovo della classe dirigente, ancora legata ad un’idea di mercato vergine disposto ad accettare tutto quello che gli proponi, perchè tuo!Il rinnovo di tale classe è difficile. Chi ha provato a lavorare in proprio, come consulente o imprenditore, lo sa bene. Lobby pesanti, legami politici e di parentela, baronismi e raccomandazioni sbarrano la strada alla qualità. Un po’ come avviene nella ricerca.A fronte di chi fa un buon lavoro, preferiscono far lavorare chi gli può offrire un ritorno di qualche tipo.In un contesto simile mi è naturale comprendere l’osservazione degli imprenditori convinti che bastino 2 brochure.Vogliamo aggiungerci che il ROI della comunicazione è l’indice più difficilmente monitorabile? Che a fronte di una campagna che genera lead di mercato, documentati, comunque non viene riconosciuto il contributo della stessa, perchè è comunque merito di qualcun altro, magari del consulente amico del direttore commerciale?Personalmente ritengo che anche noi che lavoriamo nel marketing e nella comunicazione dobbiamo cambiare prospettiva. Rifiutarci di fare una attività che, dati alla mano, comporterebbe solo un costo all’azienda. Dobbiamo imparare a portare il cliente sulla nostra strada e non lavorare, come fanno molte agenzie, sul principio di assecondare i suoi desideri.Assecondando il cliente non si fa altro che confermargli che la sua visione è quella corretta e che, come volevasi dimostrare, l’investimento fatto è inutile. Tanto valeva farselo in casa.

  3. Vi segnalo il post di C. Odello (http://www.comunicazioneimpresa.com/2006/09/le-relazioni-pubbliche-sono-utili-ma-faticose/)ove scriveva: “i risultati delle RP non arriveranno subito, ci vuole tempo. Potrebbero anche non arrivare mai”, ed io così commentavo: “Nel tuo post scrivi “i risultati delle RP non arriveranno subito, ci vuole tempo. Potrebbero anche non arrivare mai” ebbene, se consideriamo che il management moderno spesso pianifica azioni a brevissimo-breve termine (qualche anno fa andava leggermente meglio, cioè a breve-medio termine) e pretende ritorni immediati, ecco spiegato il perchè di una certa resistenza nell’investire adeguatamente in comunicazione. Le R.P. un’azienda (soprattutto se giovane) le costruisce nel tempo perchè purtroppo ci vuole tempo per conquistare immagine e credibilità pubblicamente riconosciuta”.Il fattore tempo è indigesto a chi pretende un ROI immediato. Attendiamo la prossima generazione di management? C’è da diventar matti…Ciao

  4. riprendo da un post di Maurizio Goetz (http://marketingusabile.blogspot.com/2006/11/alcuni-ragionementi-sulleconomia.html#links), che parla dell’economia dell’abbondanza vs l’economia della scarsità. forse, ma vale la pena di rifletterci, è il concetto stesso di ROI che va rivisto. tutto quello che dite è sacrosanto, e però mi chiedo se davvero il ROI costituisca un’unità di misura significativa. esattamente per quello che diceva Ford: qual è la metà di investimento sprecato?… e il management di oggi (che, attenzione, non è così diverso da noi, o per lo meno da me, come età, e dunque anche in termini di interessi/competenze/ecc.ecc.) è spesso paralizzato dai lacci degli obiettivi per poter pensare un po’ più in grande. in fin dei conti, un manager ha a cuore principalmente il suo cadreghino – il problema è, semmai, degli imprenditori. che però non sono educati. e il circolo riprende…ciao ciao

  5. Resta il fatto che in Italia si assiste ad una desolazione su tutti i fronti. Non prevedo neanche inversioni di rotta perchè, a giudicare da quanto a volte trapela dai discorsi di Confindustria, non c’è mea culpa su nulla e lo sport preferito dagli imprenditori è prendersela con l’esecutivo di turno. Dal mio osservatorio affronto spesso temi legati al mondo della comunicazione però anche altri settori sono ormai alla deriva (segnalo il significativo post odierno di P.L. Santoro http://www.marketingblog.it/organizzazione-commerciale/sales-intelligence/vendite-disincentivate/gestione-venditori/disincentivato.htm ). Occorrerebbe una rifondazione, a tutti i livelli.Cosa ne è stato dell’Italia del boom? Aridatece i vostri nonni!

  6. @ Titti: abitiamo nella stessa area, ma i clienti della mia azienda sono al 95% fuori da questa area. Ciò detto ne ho però alcuni. E tra di loro mi ricordo di uno che mi disse: “Perché mai avere un ufficio stampa? Noi si fa l’evento a Milano, un’agenzia ci cura il tutto, comunicati stampa prima e dopo, poi ci siamo”. Sì, ci siete, anzi ci risiete: al punto di partenza perché un evento all’anno non tira la comunicazione che invece è fatta di continuità. E stiamo parlando di aziende grandi…

  7. Cara Titti,Grazie per l’ennesima citazione.In ritardo [sorry] a causa della trasferta spagnola provo a fornire il mio contributo.Manca assolutamente una cultura della comunicazione e della relazione da un lato mentre dall’altro risulta essere assolutamente carente l’organizzazione del lavoro aziendale a supporto del cambiamento.L’auditing di marketing è una pestilenza accoratamente evitata dalla maggior parte delle aziende; quelle grandi [con grandi budget] perchè abituate a sparare nel mucchio, quelle piccole perchè in assenza di fundamentals.Ho concluso l’auditing sulla comunicazione effettuata da un panel di dealers automobilistici per il lancio di una nuova vettura ed i risultati [che pubblicherò la prossima settimana] sono davvero interessanti rispetto alla celeberrima frase di chiusura da te citata.Un abbraccio.Pier Luca Santoro

  8. Bentornato Pier Luca!Ho rilanciato il tema di questo post anche ai colleghi di Mlist, ed in questi giorni ne stiamo discutendo anche lì.In questi casi bisogna fare un pò di “rumore”, stimolare il confronto di idee e (spero) consapevolizzare almeno un pochino chi di dovere.Non sono ottimista. Nelle “stanze dei bottoni”, grandi e piccole, il nostro brusìo non arriva di certo.CiaoTZ

  9. Se “il brusio” davvero non arriva[sse], la stanza dei bottoni diventerebbe inevitabilmente quella di cerchio, quadrato, triangolo………….della playstation.Un abbraccio.Pier Luca Santoro

  10. Ciao Titti, ha citato due argomenti sui queali insisto speesso, la mancanza di integrazione tra i media e la citazione di Henry Ford. Ma se la prima è insuperabile fino a quando gli imprenditori non avranno una visone d’insieme più anpia della loro comunicazione, da DAGMAR in poi Henry Ford poò, almeno in parte essere smentito (per fortuna nostra)! :)Alex

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